Il dolore è forse l’esperienza soggettiva più difficile da spiegare. La definizione di dolore della IASP (International Association for the Study of Pain) mette in rilievo la sua componente esperienziale e cognitivo/affettiva, infatti lo definisce “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno”. Il dolore quindi non si limita ad essere una “semplice” sensazione, ma causa un complesso fenomeno di risposta omeostatica che interessa un network cerebrale e fisiologico complessissimo, che riguarda tutti i livelli di (ri)trasmissione dell’impulso nervoso.
Le aspettative, le credenze, i fattori etnici, culturali, psicoaffettivi, emotivi, cognitivi e motivazionali, modificano la soglia del dolore e l’espressione della sofferenza. E’ chiaro quanto non sia sorprendente osservare che in alcuni casi il dolore catturi in toto la nostra attenzione e che il suo fine principale sia quello di attivare sistemi di regolazione omeostatica che hanno l’obbiettivo di rispondere o fuggire alla fonte dello stimolo. Capita spesso che in caso di dolore persistente, ci si possa sentire nervosi, oppure depressi, come se il dolore condiziona l’intera giornata. Riprendendo la definizione proposta dalla IASP, il danno tissutale può essere in atto o potenziale. Questo è un punto fondamentale perché sottolinea come la percezione del dolore sia influenzata dalla nostra interpretazione e valutazione. Quando si prova dolore, soprattutto a livello cronico, i sintomi che più spesso vi si associano sono l’ansia la paura, la rabbia e la depressione. E’ importante dunque ascoltare la modalità con cui il paziente riferisce la propria esperienza dolorosa, comprenderla e rispettarla. Fondamentale è per tutti i professionisti che lavorano nella relazione d’aiuto con persone che vivono esperienze di dolore di vari entità conoscere le componenti psicofisiologiche del dolore e soprattutto quali pensieri e comportamenti modificano l’esperienza dolorifica determinando le relative incidenze positive o negative sulla qualità di vita dei pazienti..
Dott. Armando Rispoli
PsicologoLaureato presso la Seconda Università degli studi di Napoli “Federico II”, specializzato in Psicoterapia Strategica Integrata e docente presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”